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GIUSEPPE CERACCHI, Roma 1751- Parigi 1801_
Il busto di Washington scolpito da Ceracchi mentre viene messo in esposizione a Baltimora nel dicembre 2013

La vertigine della politica
di Maria Elisa Tittoni Monti


La storia dello scultore giacobino raccontata da Gigino Pellegrini e Carmelo Romeo con le voci di Tiziana Amico e Daniele Rienzi
Se "la vertigine della politica" non lo avesse travolto il Ceracchi avrebbe potuto, a giudizio dei contemporanei, emulare degnamente nella scultura la fama del grande Canova [1]. Tuttavia, proprio questa "vertigine", che condusse lo scultore romano alla drammatica morte sulla ghigliottina e ad un oblio secolare, consente ora di individuare nel Ceracchi il prototipo dell'artista impegnato.
La passione politica, prevalendo sulla prima e possente vocazione d'artista ne condizionò sia il destino d'uomo che di scultore; le ragioni dell'arte e gli ideali politici si intrecciarono così strettamente nella sua vita da assumere un valore paradigmatico, la cui portata fu definita a trent'anni dalla sua morte dal leader repubblicano Godefroy Cavaignac [2]. Questi, affidando proprio al Ceracchi il compito di evocare in una grandiosa visione il monumento che si sarebbe dovuto erigere al "Peuple geant"[3] gli fa affermare che "la besogne seule de son historien sera plus colossale que celle du sculpteur"[4].
Scultura come storia sembra dunque essere l'eredità, anche se incompiuta, del Ceracchi la cui figura appare preannunciare alcuni temi propri del dibattito sull'arte del XIX secolo.
Gli esordi di Ceracchi avvengono tuttavia in quella colta e cosmopolita Roma della seconda metà del XVIII secolo dove la suggestione di Winckelmann, specie per un giovane che volesse dedicarsi alla pratica della scultura, doveva essere determinante. Ma la speranza di più cospicue commissioni (o piuttosto una innata irrequietezza) lo spinsero presto, gia a vent'anni, fuori dai confini dello Stato Pontificio.
La produzione degli anni giovanili è caratterizzata da un continuo intrecciarsi fra l'attività di ritrattista e quella di elegante artefice di sculture all'antica [5]. Fra Roma, Londra, Vienna e Berlino egli matura una sua personale cifra di ritratto giocata tutta sul rapporto fra una intensa individuazione della personalità e uno stile e una forma classiche. Notevole l'effetto di energia controllata che ne deriva, segno di un compiuto equilibrio stilistico.
I due soggiorni ad Amsterdam nel 1785 e nel 1789 segnarono per il Ceracchi l'inizio di una nuova fase di lavoro e di impegno politico. Da quel momento, infatti, egli andò sempre più consapevolmente abbandonando la consueta routine di lavoro di un artista cosmopolita ed affermato per avventurarsi sul ben più duro ed accidentato terreno di un'arte vissuta con forte tensione ideale e politica. "Les arts furent toujours les enfants de la liberté ayant suivi leur carrière avec une imagination ardent un caractère sensible et indépendant..." affermerà lo stesso Ceracchi a dieci anni di distanza [6].
La commissione del Monumento Van der Capellen da parte del partito democratico olandese rappresenterà per l'artista, al di là delle sfortunate vicende del gruppo scultoreo, il primo esperimento nel campo della scultura monumentale. In questa fase tuttavia egli non si distacca ancora dai moduli tradizionali adottando nella composizione schemi ed elementi propri del monumento funerario, rivisitati però con forte spirito laico.
L'occasione per un secondo esperimento in questo campo gli venne offerta fra il 1790 e il 1792 da Carlo Teodoro di Baviera. Dall'elettore palatino, che Ceracchi aveva ritratto in un busto all'antica fra i più notevoli della sua produzione [7], ricevette l'incarico di realizzare un grandioso monumento da erigersi a Monaco per celebrare l'Unione della Baviera con il Palatinato [8]. Di questa opera mai compiuta è conservata negli Archivi di Monaco una dettagliata descrizione dalla quale si deduce che, anche in questo caso, il Ceracchi rielabora un prototipo tradizionale: il monumento dinastico come esaltazione della gloria e del potere del principe. Un tempio della gloria doveva culminare nella statua equestre di Carlo Teodoro contornata dai gruppi allegorici del Buon Governo "qui forme la felicité des Nations" e delle Arti e delle Scienze che rendono "les Nations hereuses et civilisées".
Per la rappresentazlone dell'eroe, Carlo Teodoro, tuttavia, nessuna legittimazione dall'antichità. "La statue a cheval est en habit Electoral pour conserver le costume necessaire lors qu'il s'agit d'un Monument publique".[9] E’ così affermata la diversa necessità del monumento pubblico che non può rispondere alle sole ragioni estetiche; il suo essere anche strumento di comunicazione sociale giustificava la rottura dell'unità stilistica. A questo momento Ceracchi pose le basi per l'elaborazione dei successivi progetti monumentali come complesse ed articolate riflessioni su principi ed idee che trovavano nella scultura un veicolo privilegiato di espressione "Je trouvai dans la sculpture les moyens d'exprimer ce que je sentai"[10].
D'altro canto già alla voce Scultura dell'Encyclopédie Falconet aveva sottolineato come "La sculpture, après l'histoire est le dépôt le plus durable des vertus des hommes et de leurs faiblesses"[11], cui faceva eco l'affermazione di Diderot "Je regard un tableau, il faut que je m'entretienne avec une statue"[12].
Al suo sempre più consapevole impegno in campo artistico non fu certo estranea la maturazione delle sue idee politiche. Egli infatti nel 1789 aveva potuto di persona conoscere le novità rivoluzionarie in Francia. Il clima di sospetto che tuttavia lo circondò  a Roma a motivo della sua libertà di pensiero, del suo dichiararsi apertamente fautore delle nuove idee lo spinse a partire per gli Stati Uniti. A questa decisione peraltro non dovette essere estraneo il desiderio di cimentarsi in lavori di più ampia portata degni del suo talento. Egli infatti sperava di poter ottenere la commissione per il monumento equestre a Washington votato dal Congresso fin dal 1783. Senza alcuna certezza di incarico, confidando solo nella sua fama a quell'epoca, tuttavia ormai notevolmente consolidata, il Ceracchi giunse a Filadelfia nel 1791. Nei due anni di questo primo soggiorno americano l'artista lavorò intensamente legandosi di amichevoli rapporti con i principali protagonisti della vita politica della giovane Repubblica. Egli modellò in questo periodo ben 36 ritratti in terracotta molti dei quali perduti [13], posarono infatti per lui da Washington a Jefferson da Adams ad Hamilton da Jay a Clinton. Nel contempo lo scultore preparò un modello in terracotta per il monumento a Washington che oltre alla statua equestre da realizzare in bronzo secondo le risoluzioni del Congresso comprendeva anche quattro grandi gruppi allegorici da eseguire in marmo. Il modello venne esposto nell'autunno del 1792 a Filadelfia e in quell'occasione egli dovette eseguire, quasi a conferma della sua abilità di scultore di monumenti di grande scala, la colossale terracotta di "Minerva as the Patroness of American Liberty" [14]. Ceracchi, tuttavia, non riuscì ad ottenere l'incarico anche per gli enormi costi che il monumento avrebbe comportato. In effetti il suo progetto oltrepassava con i quattro gruppi allegorici le risoluzioni del Congresso che prevedevano semplicemente sui quattro lati del basamento della statua equestre dei bassorilievi raffiguranti i principali avvenimenti della guerra d'Indipendenza dei quali era stato protagonista il generale Washington [15]. Rientrato a Roma, egli dovette ben presto riparare a Firenze. I suoi legami con la colonia francese, gli artisti dell'Académie e gli incaricati d'affari Bassville e Laflotte, indussero il Tribunale del Vicariato ad ordinargli di abbandonare Roma e lo Stato della Chiesa.
Durante il soggiorno fiorentino egli scolpì alcuni dei ritratti modellati in America in particolare quelli di Washington, Jefferson, Hamilton e Rittenhouse, mentre dai modelli di Adams e Madison ricavò dei profili in alabastro montati in ovali di marmo a guisa di medaglioni [16]. Poco dopo però egli dovette abbandonare anche Firenze e dopo una breve sosta a Vienna decise di rimbarcarsi per gli Stati Uniti. Il suo secondo soggiorno, durato circa due anni, non fu però così fortunato come il primo. Cadute le speranze di realizzare finalmence il monumento equestre a Washington, Ceracchi preparò, rielaborando il precedente progetto, un grandiose piano per un monumento alla Libertà Americana da sottoporre al Congresso [17]. Per superare le difficoltà di finanziamento venne lanciata su suggerimento di Madison una campagna di sotroscrizione [18] accompagnata da una descrizione a stampa del monumento nella quale venivano forniti i dettagli delle figure e dei gruppi illustrando con ricchezza di particolari i loro significati allegorici.
Mentre chiari emergono gli intenti ideologici non altrettanto chiari risultano l'effetfo d'insieme del monumento nonché la connessione compositiva fra i diversi elementi specie se si considera la scala gigantesca prevista [19]. Tuttavia la descrizione della figura della Libertàche scende sulla terra guizzando tra le nuvole su un carro tirato da quattro cavalli, i capelli al vento, nella destra i fulmini che disperdono l'errore mentre dalle sue labbra sembra uscire con voce possente la proclamazione dei Diritti dell'uomo possiede una tale forza evocativa da lasciar supporre che la partecipazione emotiva dell'artista sarebbe stata capace di superare le difficoltà insite in un'opera di così grande complessità progettuale.
D'altra parte il destino di Ceracchi non gli consentì mai di colmare, nel campo della scultura monumentale, la distanza che separa l'idea dalla realtà, il progetto dall'esecuzione.
Conclusa anche la seconda esperienza negli Stati Uniti senza aver potuto finalmente verificare nel concreto il suo ambizioso sogno di creatore di grandi macchine monumentali, il Ceracchi ritornò nel maggio 1795 in Francia, l'unico paese dove avrebbe potuto trovare un'accoglienza favorevole.
A Parigi stabilì relazioni con l'ambiente artistico frequentando David ed in particolare il giovane pittore Topino-Lebrun di idee radicali molto vicine alle sue. Egli tuttavia nutriva la speranza sia di svolgere un attivo ruolo di consigliere politico per le questioni italiane presso il governo francese sia di ottenere dal Direttorio l'incarico di realizzare un grandioso monumento alla Rivoluzione.
A questo scopo egli presentò ufficialmente un progetto accompagnato da una lettera nella quale, dichiarando la sua fede nei valori della Rivoluzione "je ne pu voir la révolution francaise sans me sentir enflammer de ses principes" ed il suo amore per un popolo "qui devenait grand tous les jours" ricordava le persecuzioni delle quali era stato fatto oggetto a motivo delle sue idee ed esprimeva la fiducia di poter ottenere riparazione dei torti subiti. "Si l'ebauche dont la description est y après trouve digne de votre attention, si elle à le bonheur de mériter l'approvation de vos artistes célèbres l'hommage que j'en fais au peuple francais sera plus flatteux pour mon ame et m'assurant l'estime d'une nation che j'aime me fairait esperer sa protection et la réparation des injustices ainsi que des pertes enormes que m'a fait éprouver la cour de Rome"[20].
Oltre ad uno schizzo, purtroppo smarrito, Ceracchi doveva aver anche preparato un bozzetto in terracotta, anche questo perduto, infatti, a margine di una successiva e più dettagliata descrizione del progetto si legge "Ceci n'est qui une legère description de l'esquisse que j'ai fait en terre glaise qui est nécessaire de voir pour en juger". Per il Monumento alla Rivoluzione francese egli rielaborò senza dubbio lo schema del Monumento alla Libertà americana introducendo tuttavia nella descrizione una variante significativa. Le figure allegoriche non vengono più individuate facendo ricorso alle divinira mitologiche: esse identificano direttamente le idee forza nate dalla Rivoluzione. "Sur le rocher indestructible de la raison" doveva ergersi la Libertà che con voce possente avrebbe risvegliato la Natura che avrebbe ripreso "son ancienne dignité dans le nouvel ordre des choses". Sue compagne sarebbero state "La valeur Répubblicaine" rappresentata come atleta in trionfo e la "Politique et la Victoire" corifee de "l'accomplissement de la Révolution".
Quindi "le spectacle le plus imposant de tous celui qui garantit la Liberté, la Constitution!".
Doveva seguire la raffigurazione del Popolo assiso sulla sella curule con accanto "le coq vigilant son compagnon fidèle" affiancato dalla Filosofia e dalla Giustizia ed infine la "douce Paix récompense des heros".
Per celebrare la Rivoluzione Francese Ceracchi aveva dunque sentito la necessità di rifiutare la consueta mediazione delle divinita dell'Olimpo quale soluzione di continuità fra l'antico ed il nuovo ordine sociale; era ormai giunta l'eta d'oro nella quale Libertà, Popolo, Natura, Ragione, Giustizia, Eguaglianza erano divenute realtà vissute e non più vagheggiate. Erano le nuove divinità del Pantheon rivoluzionario cui l'artista poteva solo prestare stile e forma classiche senza tuttavia ricorrere ai veli della simbologia mitologica. La coerenza ideologica di questo progetto indica che il Ceracchi si era posto con chiarezza il problema della scultura monumentale come atto politico significante e capace di esprimere i nuovi valori e le nuove grandezze di una nazione. Purtroppo anche il Monumento alla Rivoluzione Francese rimase al livello di grandioso ed utopico sogno progettuale nè migliore destino ebbe il perduto bozzetto eseguito a Milano nel 1797 di un monumento in onore dell'Armata d'ltalia che fu esposto nello studio di Appiani [21].
Nella composizione, la cui descrizione fu pubblicata nel "Quotidiano Bolognese"[22], dominata dalla vittoriosa figura di Bonaparte a cavallo si riflettono le speranze ancora non deluse del Ceracchi acceso fautore della Campagna d'ltalia. L'artista rientrato a Roma durante il breve esperimento della Repubblica Romana non ebbe nessun incarico ufficiale né come scultore né come politico. I due piccoli schizzi per i monumenti onorari a Duphot e a Bassville, così lontani dalla grandiosa monumentalità che caratterizza le precedenti descrizioni, sembrano essere personali esercitazioni piuttosto che progetti da sottoporre a pubbliche commissioni come d'altro canto lasciano supporre la rapidità e la sommarietà del segno nonché la classica semplicità della composizione. Queste due piccole elegie, omaggio privato a due personaggi drammaticamente morti a Roma in nome di quegli stessi ideali condivisi dall'artista, sembrano chiudere quasi simbolicamente l'impegno del Ceracchi nell'ambito della scultura monumentale.
Rientrato esule a Parigi alla caduta della Repubblica Romana continuò la sua attività di ritrattista[23] senza più sollecitare la commissione per il suo monumento alla Rivoluzione Francese. I tempi erano ormai cambiati, il monumento proposto dallo scultore romano si inseriva in una logica olitica divenuta sospetta.
La vicenda artistica del Ceracchi acquista un diverso spessore alla luce dei suoi progetti monumentali in quanto essi portano in primo piano la maturazione del significato del suo operare di scultore.
Non si è trattato infatti solo dello sviluppo dalla elegante manipolazione di un patrimonio di temi e forme classiche, rispondente al gusto di una committenza sofisticata, all'uso delle allegorie e simbologie dell'antico in sculture monumentali dalle forti connotazioni politiche e pedagogiche. Né si è trattato di passare dall'interpretazione del ritratto all'antica, quale visione eroica di una vita concepita come prometeica avventura, alla elaborazione del concetto di monumento quale simbolo di ideologie ed eroismo collettivi nei quali una nazione intera potesse riconoscersi.
Si è trattato piuttosto dell'aver avviato, in completa sintonia con la temperie rivoluzionaria, un processo di desacralizzazione del concetto stesso di monumento anche se ad un livello solo progettuale per l'avversità dei tempi e delle situazioni. Fino alla Rivoluzione infatti i monumenti si situavano nella sfera nel sacro sia nel caso ovvio dei monumenti funerari sia in quello dei monumenti dinastici in quanto espressione della sacralità del potere, rispondendo in tal modo solo a ragioni elitarie ed aristocratiche. Con il Ceracchi, artista giacobino, invece, la scultura monumentale assume una valenza politica e democratica in quanto momento privilegiato della visualizzazione dei nuovi valori emersi dalla Rivoluzione.
I progetti del Ceracchi mentre appaiono a pieno titolo frutto dei dibattito illuminista sul ruolo morale e riformatore dell'arte [24] preannunciano l'idea della qualità squisitamente politica della scultura monumentale. "La sculpture peut à elle seule fournir un monument; elle est, pour ainsi dire, plus démocratique que la peinture, parce qu'elle est plus simple et grave, parce qu'elle s'approprie mieux à la place publique, aux dimensions vastes, à ces figures emblématiques que l'imagination enfante et qui la frappent"[25].
In tal modo può dirsi compiuto il processo di unificazione fra Monumento e Spazio in una pedagogia del decoro urbano già in nuce nelle teorizzazioni della festa rivoluzionaria. Questa infatti "cancellate le antiche vestigia" doveva attuare una propria individuazione simbolica dello spazio che postulava necessariamente la successiva presenza di un monumento in quanto capace di rendere eterno l'atto di fondazione compiuto nella festa stessa[26].
Tutti i valori e i simboli concentrati nel momento privilegiato della festa si sarebbero potuti incarnare nell'indistruttibile spessore della materia, in un organico discorso che nell'allegoria avrebbe trovato credibilità e sicuri punti di riferimento.
Ceracchi, artista che seppe esemplarmente fondere arte ed impegno politico in un linguaggio di grande coerenza stilistica dove la classicità, vissuta con forte tensione morale, non ha mai rischiato cedimenti verso la grazia alessandrina per sostanziarsi invece dell'austerità repubblicana, può essere a ragione scelto per affermare che "la grandeur morale d'un monument c'est le souvenir, la pensée qu'il perpétue, c'est sa destination publique"[27].

[1] L. Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, Prato 1824, II ediz., VII, p. 77.
[2] G. Cavaignac, Monuments revolutionnaires, in "Revue républicaine", 111. 1834, pp. 129-175.
[3] Cavaignac pubblica una lettera immaginaria tra i due artisti da lui considerati come i più convinti sostenitori degli ideali rivoluzionari, Ceracchi ed il pittore Francois Jean-Baptiste Topino-Lebrun. Nella lettera lo scultore italiano descrive un ideale monumento al popolo.
[4] G. Cavaignac, Monuments cit., pp. 155 ss.
[5] Cfr. il "Giornale delle Belle Arti", 1788, p. 167.
[6] Parigi, Archives Nationales, lettera di Giuseppe Ceracchi al Direttorio esecutivo. Cfr. in questo catalogo la scheda n. 29.
[7] II busto marmoreo dell'Elettore bavaro-palatino Carlo Teodoro, del 1789, è conservato nel Bayerische Nationalmuseum di Monaco di Baviera.
[8] Cfr. P. Volk, Der Bildhauer Giuseppe Ceracchi und Kurfüst Karl Theodor, in "Pantheon", XXXVIII, 1980, pp. 68-71,
[9] Le citazioni sono tratte da una descrizione in francese pubblicata dal Volk in appendice all'articolo citato nella nota precedente. Il documento è conservato nel Geheimes Hausarchiv di Monaco di Baviera.
[10] La lettera di Ceracchi al direttorio esecutivo citata nella nota 6.
[11] E. Falconet, Oeuvres complètes, Paris 1808, II, p. 158.
[12] D. Diderot, Observations sur la sculpture et sur Bouchardon, in Oeuvres complètes de Diderot, a cura di J. Assezat, Paris 1876, XIII, p. 41.
[13] Cfr. G.I. Montanari, Sulla vita e le opere di Giuseppe Ceracchi, Rimini 1841, p. 41.
[14] L'opera si trova attualmente nella Library Company di Filadelfia.
[15] Per le vicende del monumento a George Washington cfr. U. Desportes, Giuseppe Ceracchi in America and his Busts of George Washington, in "The Art Quarterly", XXVI, 1963, pp. 141-179.
[16] Cfr. U. Desportes, Ceracchi's Medallion Portrait of James Madison, in "The Princeton University Library Chronicle", XXIV, 1963, pp. 108-120.
[17] Ibidem, p. 115 s.s.
[18] U. Desportes, Giuseppe Ceracchi in America, cit., p. 161.
[19] L'altezza totale del monumento era prevista in 100 piedi, e la circonferenza della base di 300 piedi. Cfr. U. Desportes, Giuseppe Ceracchi in America, cit., p. 163.
[20] Cfr. la lettera citata alla nota 6.
[21] G. Hubert, Les sculpteurs italiens en France sous la Révolution l'Empire et la Restauration 1790-1830, Paris 1964, p.29.
[22] "II Quotidiano bolognese", nr. 10, 19 vendemmiaio anno VI, pp. 38-39, citato in G. Hubert, Les sculpteurs cit., p. 29 nota 6.
[23] G. Hubert, Les sculpteurs cit., p. 32.
[24] J. De Caso, David d'Angers: l'avenir de la mémoire, Paris 1988, p. 30.
[25] G. Cavaignac, Monuments cit.,p. 153. Cfr. anche M. Agulhon, Marianne au combat. L’imagerie et la symbolique républicaines de 1789 à 1880, Paris 1979, p. 10.
[26] M. Ozouf, La festa rivoluzionaria (1789-1799), Bologna 1982, p. 199.
[27] G. Cavaignac, Monuments cit., p. 156. 
L'articolo è tratto dal catalogo di una mostra del 1989, dedicata a Giuseppe Ceracchi nell'ambito delle manifestazioni svolte a Roma per il bicentenario della Rivoluzione Francese
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